sabato 24 marzo 2012

I fascismi d'ogni tempo



Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola. (Primo Levi)

Stati d'animo



... a quelli che confondono la propria tristezza esistenziale con la "realtà" o la "verità", e - poveracci - non hanno neppure la dignità del "pover'huom che, non se n'era accorto ma, andava combattendo, ed era morto".

La democrazia spiegata al bar



Oggi qualcuno mi ha detto che "questa è la democrazia".... Ma dal momento che mi sono rotto le palle di fare il modesto e di provare a far quadrare il cerchio cercando di abbassarmi al livello di questi scarti biologici e, contemporaneamente, di esporre un concetto complesso riducendolo ad uso e consumo degli idioti; stasera torno ai miei livelli e concedo una lezione di civiltà: esistono 3 forme ideali di governo. 1) la MONARCHIA. Ma non quella moderna del re o delle regine di quadri picche fiori e cuori che non ha nessun senso; ma il concetto originario, ellenico, che è questo Monos-Arché, cioè il governo di uno solo, di una persona illuminata, che ha una consapevolezza superiore su cosa e come deve essere l'organizzazione della Poleis. 2) ARISTOCRAZIA. Semplicemente, il potere in mano ai MIGLIORI. 3) DEMOCRAZIA. Concetto difficile da tradurre; diciamo che si tratta del Popolo, il Demos, che ha una chiara e radicata concezione del proprio bene; sa come esercitarlo e con quali mezzi applicarlo. Queste 3 entità hanno il loro rovescio: 1) TIRANNìA. La monarchia che perde l'illuminazione e diventa puro delirio di onnipotenza, e totale perdita del senso del proprio ruolo. Il tiranno, in genere, è il primo schiavo del suo anti-sistema. 2) OLIGARCHIA. Il potere esercitato, anzi, "mantenuto", da pochi, col solo scopo autoreferenziale di continuare a tenerselo senza alcun vantaggio per una comunità che neppure considerano più. 3) OIKOCRAZIA. Semplicemente una contraddizione in termini; il "potere della casa", del o "nel" focolare domestico; la visione del proprio orticello striminzito come visione del mondo. Il "potere" impotente degli scarti biologici di cui sopra. Nessuna di queste 3x3 forme viaggia mai da sola; non solo perché l'una è l'opposto e il rovescio dell'altra - MONARCHIA>TIRANNìA _ ARISTOCRAZIA>OLIGARCHIA _ DEMOCRAZIA>OIKOCRAZIA - ma perché ognuna, nelle forme positive o negative, regge l'altra; ecco 2 perfetti esempi di entrambe le polarità: ultimi decenni del XVIII secolo; continente americano; un Popolo - i coloni americani - SA perfettamente qual'è il la strada da percorrere per raggiungere il miglior sistema di vita per se stesso, questo Popolo è una DEMOCRAZIA perfetta; perché è consapevole; non riconosce autorità al di sopra di se stessa, e ha piena consapevolezza del modo da attuare per raggiungere la propria piena soddisfazione collettiva. E' mentalmente perfettamente organizzata e senza dubbi. Compie i suoi passi e fa emergere, dal suo stesso seno, una ARISTOCRAZIA capace di guidare la propria libera autorità: gli Washington, i Jefferson... questa DEMOCRAZIA, che ha espresso prima un'ARISTOCRAZIA che altro non è che il MEGLIO di se stessa, esprime infine una MONARCHIA: quella di George Washington. Il resto è storia... Ora l'esempio opposto. L'italietta di oggi: una squallida e fetida OIKOCRAZIA - squallida e fetida per definizione - miserabile e cenciosa, esprime una OLIGARCHIA, che non governa ma depreda gli oikocrati in un modo che farebbe inorridire sciacalli e iene della savana. Questa feccia esprime un TIRANNO che la asseconda ma al quale deve ossequio e braghe calate. Questa è l'Italia di oggi. In ogni suo ganglio più remoto; dal centro alla periferia. Gli oikocrati non sono "disperati", no; questa sarebbe già una promozione: sono solo cani latranti e lagnanti, che si accontentano dell'osso spolpato che l'oligarca locale ogni tanto gli butta per terra; e poi va anche in giro a dire che..... "questa è democrazia............"



                           forma... armonia... spazio... leggerezza...

La cabeza verde



La Cabeza verde de Berlín, esta elaborada en pizarra y está considerada una de las obras mas importantes del arte egipcio, se ha datado en el año 350 a. C. aproximadamente (Periodo tardío), concretamente durante la Dinastía XXX que transcurrió de 378 a 341 a. C., dinastía originaria de Sebennitos, que comenzó expulsando a los persas de Egipto y conquistando Judea, aprovechando la decadencia del Imperio persa. La cabeza representa a un hombre de mediana edad con gran realismo, a diferencia de otras obras egipcias, que según algunos expertos podría corresponder a un sacerdote. La cabeza verde de Berlín está ubicada en el Neues Museum de Berlín, (Alemania).


Prometeo







Il tormento di Julius Robert Oppenheimer è quello di Prometeo che, condannato in eterno a farsi divorare il fegato, non può fare a meno di regalare il fuoco all'Uomo. Il tormento è accettato, e possiamo solo ipotizzare che lo sia unicamente per continuare a ripetere la più grande emozione della sua immortale esistenza: rubare il fuoco agli dèi immortali e regalarlo impunemente agli uomini. Ma Oppenheimer non era Prometeo: solo una delle sue innumeri incarnazioni. Il tormento di Oppenheimer è quello dell'Uomo; che accetta il fuoco, e non sa che farsene...

Il medioevo prossimo venturo




Il Medioevo Prossimo Venturo

La realtà socio-economica del medioevo si può riassumere così: una massa di mendicanti, petitori e postulanti andavano a pregare il signore del loco per avere un po' di denaro, di impiego, di favori miserrimi al fine di sopravvivere.
E' questa la realtà che ci aspetta.
Tutto questo è già iniziato. In Sardegna, per esempio, i folli rincari nelle tariffe dei traghetti hanno lo scopo di affossare l'economia turistica dell'isola; che dunque sarà colonizzata da altri sistemi, come industrie di vario tipo; chimiche, petrolifere ecc. che offrono stipendi da fame, che impediscono l'iniziativa privata, che soffocano qualunque forma di benessere collettivo. Infine arriveranno le centrali, perché alla fine non ci sarà più nessuna opinione pubblica a protestare. Il territorio verrà devastato e gli abitanti pure.
Questo non è catastrofismo "pre-medioevale": questa è mera osservazione della realtà in atto.

martedì 20 marzo 2012

El Fabuloso Occidente




Procesos de transmisión cultural

Aryballos; originariamente, la palabra, designaba una vasija para sacar agua; pero en origen sus dimensiones eran mayores; una común vasija utilizada para contener agua, en su forma más arcaica, con el tiempo, se ha evolucionado hasta a diferenciarse en la forma, como por ejemplo en el Oinochoe, que se utilizaba para echar el vino; o en la forma y en las dimensiones, como el Aryballos.
En su forma definitiva, el Aryballos era utilizado principalmente por los atletas como contenedor de aceite con el cual se untaban y se lavaban. Y era transportado colgado en la espalda con un cordón.






Esta forma cerámica es prevalentemente corintia, y parece empezar en el siglo VIII a.C. Los talleres artesanales de Corinto son los mayores productores de este objeto, y de hecho, cuando se habla de Aryballoi, se habla sobre todo de Corinto.
Hasta al punto que las variaciones decorativas de los Aryballoi corintios han estado utilizadas, por los arqueólogos, para datar las diferentes y varias fases cronológicas del protocorintio y del corintio en cerámica.
El Aryballos que tenemos aquí (1) pertenece a unas de las fases cronológicas más tardías, si no la más tardía; ósea la que convencionalmente se llaman Corintio Tardío I, entre 575 y 550 a.C. o ya en el Corintio Tardío II, dicho también Convencional, después 550 a.C.
Las fases cronológicas y artísticas del arte corintio van desde el siglo VIII, por donde se hace empezar el estilo Proto-Corintio, que acaba entre el 640 y el 625; y, como he dicho, hasta la mitad del siglo VI, cuando se acaba la producción cerámica de la ciudad del istmo.
Entre el 640 y 625 a.C. empieza el estilo más bien dicho Corintio. Este periodo es llamado, en efecto, periodo de Transición. Esta diferenciación en macro-periodos, entre los cuales se encuentran todas las sub-periodizaciones, encuentra su razón de ser en el momento de máxima expansión comercial de la ciudad; y precisamente esa cumbre marca la involución artística de sus productos cerámicos. Hasta que la cerámica corintia fue un producto que podemos definir “local”, su calidad artística se mantenía alta; pero, en el momento de máxima demanda de ese arte así refinada, para hacer frente a un gran número de esas, su producción se vuelve de forma que podemos llamar “industrial”; y su calidad baja.
Al mismo tiempo se modifican algunos elementos básicos de la decoración: empieza el uso de la policromía, al negro se añade el rojo (más raramente el amarillo y el blanco), y las figuras dibujadas llevan una mayor corporeidad, probablemente debida por el influjo de escultura monumental que caracteriza el siglo VI en el arte griego (periodo arcaico).

A la mitad del siglo VI a.C. la producción corintia va acabándose, con el final de la fuerza comercial de la ciudad, y con el fin de la dinastía de los Baquiades, y viene substituida por la producción Ática.

Los productos corintios viajan, a partir de la segunda mitad del siglo VII, por todo el Mediterráneo, y no tardan en ser imitados. Una de las imitaciones más interesantes del estilo decorativo corintio la encontramos en Etruria. Y también nuestra pieza es pasible de ser interpretada como Etrusco-Corintia.
La vía por donde han viajado esta y otras piezas corintias, o etrusco-corintias, parece el así llamado “camino de las islas”, ósea, por medio de los Fenicios, o directamente por los Griegos, los productos griegos y orientales viajaban por el mar a través de las islas del Mediterráneo occidental y han llegado hasta al Sur de la península.

El sitio donde esta pieza se ha encontrado es Villaricos, Cuevas de Almanzora, en un periodo entre el 1889 y los primeros años del ‘900. Y son parte de los hallazgos de la primera, y ya legendaria, investigación arqueológica efectuada en esta parte de España; hablo de la aventura arqueológica y humana de Luis Siret.
Esta pieza, junta a otras 1170, hace parte de la colección de Juan Cuadrado Ruiz, otra figura legendaria, con la de Luis Siret, de la arqueología andaluza y almeriense.

Villaricos, la antigua Baria, ha estado considerada, hasta hace poco tiempo, una fundación púnica, es decir cartaginés, pero en las investigaciones realizadas en el 1987, 1992 y 1997, fue observado que en el asentamiento así como en la necrópolis, los hallazgos alcanzan hasta a las últimas décadas del siglo VII a.C. entonces en una época todavía fenicia. Y antes del monopolio comercial cartaginés del Mediterráneo occidental.
Baria seguirá su vida en las épocas griega, romana, visigoda y hasta a la época árabe.

Volvemos a nuestro Aryballos; hasta a ahora hemos viajado alrededor de el, a partir de ahora querría indagar mirando lo que la pieza lleva en sí misma.
Estilo y decoración dicen, sin sombra de duda, que el Aryballos es de fábrica o, a lo mejor, de cultura corintia.
Tipo de pieza – el Aryballos – decoración y difusión principian por esta ciudad.
Corinto fue uno de los máximos centros recolectores y, al mismo tiempo, creadores y difusores de cultura artística y artesanal de la historia del Mediterráneo.
A Corinto llegaban mercaderes orientales, principalmente fenicios, que llevaban elementos y sugestiones del vecino Oriente.
Uno de estos elementos es el león, que podemos ver dibujado en dos colores en el cuerpo de la vasija. Este león es ya demasiado estilizado, ya lleva con sí toda la involución artístico-artesanal de la producción “industrial” de el arte corintio del siglo VI; es un león que no da miedo. Pero, en su origen, esta representación llevaba sentidos muy fuertes: el león, en el. arte Asiro, de donde llega y principia, es el símbolo de la muerte exicial, (19) de la muerte violenta.






Era un símbolo de fuerza y poder natural, incontrolado.
No solo, al mismo tiempo es el símbolo de la fuerza de quien lo cazaba (20).
Es evidente, en estas imágenes, (21, 22, 23 ecc) como lo trágico llevado por estas representaciones haya podido sugestionar culturas lejanas y todavía no desarrolladas y potentes como la civilización Asira, y en general las civilizaciones mesopotámicas.







Desde estas tierras llegaban hasta Occidente conceptos cargados de prestigio; palabras que se han fijado en el tiempo en significados cambiados en el sentido originario. El mismo concepto de Europa, se vuelve desde verbo a topónimo. Desde el Akadio Ērebos, ósea, bajar, descender, entrar en la oscuridad; dicho, por ejemplo, del sol, que en esa parte del mundo que los mesopotámicos miraban con el Norte a la derecha, bajaba hasta entrar en la oscuridad. El proceso del atardecer, de la puesta del sol.






Los Griegos han cogido esta sugestión y la han hecha propia, como muchas otras cosas procedentes de Oriente. Y un verbo se transforma en sustantivo y designa una figura legendaria: Εύρώπά (Europa), hija de Agenor, rey de Sidon o de Tiro, raptada por Zeus en forma de toro, y llevada hacia el mar hasta Creta, ósea hacia Occidente.

El mar.






Esta ha sido una de las vías de transmisión de la cultura oriental hacia Occidente. Y por esa vía ha llegado otro concepto concerniente a la oscuridad, y la oscuridad llevada por la puesta del sol, pero en este caso se trata de un sustantivo: Āttālû. Siempre Akadio; es “el lugar, el sitio, la tierra donde el sol se esconde, baja, desciende” En siriaco Āītāĭă, con el mismo significado; este concepto llega a Occidente llevado por viajeros orientales, mercaderes, y acaba por fijarse en topónimo: la región más occidental de la Grecia se llama Etolia. Y la parte meridional de la península italiana, de hecho, Italia. Los Griegos, sin embargo, fuertes de un sentido cultural muy inculcado, trasformaban conceptos alógenos en forma helénica: y por ellos, la tierra que más tarde se iba a llamar Magna Grecia, era Hespérides. La “tierra de la tarde”; la “tierra de la puesta del sol”. Y, por aquí, el concepto se fija simplemente en “tarde”. El español “víspera”, y el italiano “vespro”, con el mismo significado [… entre los antiguos romanos, día que correspondía al crepúsculo… Según el diccionario de la lengua española], llevan una eco de la sugestión griega de Hespérides.










Por esta misma vía, el viaje hacia Occidente, la tierra de la tarde, la tierra de la puesta del sol, y tiene sentido, ahora, exprimir este concepto en un idioma que se ha quedado muy arcaico hasta hoy, el Alemán: Abend land, con el significado de Occidente; su traducción literal es propio “Tierra de la tarde”; … por esta misma vía viajeros y mercaderes fenicios y griegos, han llevado, juntos a sus productos comerciales, no siempre de alto nivel, también algo que no se podía vender, y que, sin embargo, llevaba la ilusión de Oriente, hasta la ultima tierra que se podía encontrar viajando desde el Este al Oeste, en el Mediterráneo. Este viaje, hasta al extremo límite del crepúsculo, se definía con el verbo Šāpănnû: con el significado de “ir a el otro lado, a la parte opuesta”, en este caso, “del mar”. La “parte opuesta”, el “otro lado”, en el mismo idioma oriental, mesopotámico, es Šĭplīš; sustantivo.
Šāpănnû y sus derivados lingüísticos, tendría que ser un concepto muy frecuente en la dialéctica mercadotécnica y viajera en general. Y se unía al objetivo de los viajes por mar: la tierra. Y “tierra”, en lenguas orientales, o semíticas, se exprime con la sola silaba Ī, o , tierra, isla. Hī- Šĭplīš, o Hī- Šāpănnû, es entonces: La tierra que está al otro lado, a la parte opuesta. Y también, Ir a la tierra que está a la parte opuesta.
El concepto añadido referido al mar es consecuente al viaje, por mar, hecho por estos antiguos mercaderes.
Los griegos, han transformado en el sonido este concepto: Σπάνιά, Spanía; Hī- Spanía.







Otra vía ha llevado imaginarios orientales hasta el Occidente; la tierra.

Alrededor de las civilizaciones mesopotámicas, habia algunos otros pueblos que compartían, sea por transmisión directa, sea por asimilación, la misma cultura.
Algunos de estos eran pueblos nómades, como los Escitas.
Vivían al Este de Mesopotamia, y en el 612 a.C. determinaron la caída del imperio Asiro juntos a los Medios. Antes – y también después de esta fecha – los Escitas, aunque nómades, llevaban consigo todo el aparato cultural y político-estructural de las civilizaciones mesopotámicas. Pero a nivel muy superficial.
La actividad primaria de este pueblo era el saqueo. Y por eso eran temidos por todos los otros pueblos orientales.
Eran conocidos en todo el Medio Oriente, al Este y al Oeste de la Mesopotamia propiamente dicha. Y han viajado hasta Europa centro-septentrional y oriental, donde han llevado, entre otras muchas cosas, un concepto que se quedó en los siglos venideros: Kānĭkkû. El Kānĭkkû era el sello que el soberano Mesopotámico, Suméro-Akadio, Babilones o Asiro, ponía en el rollo de la ley; ley que el mismo había escrito. Solo el soberano podía poner el sello, porque solo el podía considerar concluida la ley, escrita por el mismo. Este gesto, era entonces más que un simple acto burocrático, sino un acto sacro, y que era acompañado por una ceremonia.
Este acontecimiento, así lleno de prestigio, fue llevado por los Escitas en Europa centro-septentrional, donde se cristalizó – por un proceso de demudación cultural de que hemos dicho – y significa simplemente el soberano, llegando a través de varios pasajes, al alemán König; Rey, y más tarde, el inglés King.
Los Escitas viajaron también a Rusia, o una parte de ellos por lo menos, donde el mismo concepto a la vez de subir a las alturas de un sentido así “real”, se quedó, con mucha más modestia, en significar el rollo de papel donde la ley fue escrita; Kniga, en ruso moderno, significa: libro.

Este pueblo era conocido, por los otros pueblos que sufrían sus saqueos, más que con su nombre, con un adjetivo; “terribles”, o “los terribles”. En lengua akadia “terrible” es Kaltû. Los Griegos, que también los han conocidos, hablaban de Σκύθο-Κελτοί; Skytho-Kéltoi. Célticos.

Celta, o céltico, es entonces un adjetivo que se transformo en sustantivo, en este caso etnónimo. Nombre de pueblo. Los Escitas-Célticos han influenciado pueblos culturalmente inferiores, o no preparados al impacto con un grupo así fuerte bajo el punto de vista bélico y cultural al mismo tiempo. Y los han influenciados con el legado cultural que ellos conocían y habían experimentado; el de las civilizaciones mesopotámicas.

Esta influencia, de una forma o de la otra, llega al último borde de Occidente conocido. Hablamos, hoy, de Celtiberios. Y en esta palabra, compuesta por dos conceptos, se resume el sentido del viaje milenario desde Oriente hacia Occidente; desde la “tierra de la luz” Āsī, o Āsû, ósea “Surgir a la luz”, “subir de las sombras”, “de la oscuridad a la luz”; el opuesto de Ērebos; Oriente y Occidente en fin. Asia y Europa.
Este pueblo, o estos pueblos, que llegaron a la conclusión de este recorrido, han tenido que bajar, descender y además superar una cadena montañosa, hasta a una tierra meridional comparada con las por donde llegaban; y así la han llamada: “Tierra baja”, “tierra meridional”, en idiomas mesopotámicos el verbo es Ēbērrû , Ābārrû , bajar, descender; concepto que se ha demudado en topónimo: Iberia. Y que ha acabado por cubrir toda la península.
Hispania y Iberia parece entonces que no se hayan hecho guerra, porque los dos se han quedado hasta hoy, aunque significan conceptos diferentes; político uno; España, y geográfico el otro; Iberia. Llevando con sus mismos el reflejo de dos diferentes viajes; por mar el primero y por tierra el segundo.

El último viaje hacia la última tierra occidental, en fin, no podía que partir desde aquí. Y ha sido el último viaje de descubrimiento y de transmisión cultural hacia al Occidente.